Nato a Napoli il 15 febbraio 1898 e morto a Roma il 15 aprile del 1967
Quante risate guardando i suoi film, osservando le sue espressioni buffe, mimando i suoi movimenti, ascoltando le sue battute. Quanti pensieri nati dalle sue frasi, a volte pungenti, forti, profonde: dalla malinconica filosofia di vita della livella ai caporali, dalla nobiltà alla pazzia e tanto altro ancora.
Nel 2017 saranno 50 anni dalla sua morte, ma nei nostri ricordi e nei nostri cuori quella maschera malinconica è sempre viva, presente, fortemente ancorata a quelle storie semplici e sempre attuali. Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfiro-genito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, in effetti già dal suo nome completo si capisce che non si tratta di uno qualunque, amava molto scherzare sulla sua nobiltà, sul suo titolo di conte, ma per tutti era semplicemente Totò, di certo molto più di un semplice nobile. Anche la parola attore era alquanto riduttiva a suo confronto, il suo modo di recitare affondava le radici nel cinema muto, con le sue espressioni mimiche, i movimenti del corpo, i gesti che solo lui sapeva riprodurre in quel modo, con garbo e naturalezza. In scena portava la vita, quella della gente comune, fatta di maschere, desideri, sogni e sofferenze, ma anche di poesia, malinconia e voglia di sorridere. La malinconia che si respira è simile a quella di Luigi Pirandello, si confonde tra teatro e letteratura, tra vita vissuta ed immaginata, tra sogni e desideri spesso soffocati, tra personaggi piccoli piccoli, ma terribilmente reali. Totò esprime tutta la forza della sua città, esce fuori dai suoi film la vivacità verace di Napoli, la sua umanità, la sua gestualità. I suoi personaggi sono velati da un'ironia inquieta e tragica, fatta di solitudine che sbuca fuori, con forza, dietro ogni sorriso. Come non ricordare, inoltre, i suoi giochi di parole, le sue frasi strampalate, la rottura di tutti gli schemi della lingua, riuscendo a dare un significato profondo anche a quelle parole combinate in maniera insensata.